Recenti sentenze sul regime dei lavoratori impatriati

La recente sentenza della C.T. Prov. Milano n. 1479 del 25 maggio 2022, in controtendenza rispetto all’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 33 del 28 dicembre 2020, ha stabilito che il regime agevolato previsto dall’art. 16, co. 1 del D. Lgs. n. 147/2015 compete anche se il richiedente, a seguito del rientro in Italia dopo un periodo di distacco all’estero, non stipuli con il datore di lavoro un nuovo contratto di lavoro. Infatti, la citata disposizione normativa non individua tra i requisiti necessari per accedere al regime il presupposto della discontinuità formale o sostanziale tra il rapporto di lavoro svolto all’estero e quello esercitato al rientro in Italia.

Pertanto, i giudici milanesi ritengono che l’esegesi della norma proposta dall’Amministrazione finanziaria sia erronea in quanto tale interpretazione non trova supporto nella lettera e nella ratio del citato art. 16. Come noto, la disposizione in parola, che mira a favorire il rientro in Italia di lavoratori italiani che abbiano prestato all’estero la propria attività lavorativa, non fa riferimento alla necessità di stipulare un nuovo contratto di lavoro e, quindi, nel caso esaminato risulta infondato il disconoscimento del beneficio fiscale al lavoratore distaccato che rientri in Italia, specie laddove al trasferimento consegua un cambiamento dell’attività lavorativa svolta.

Pur rammentando che i gradi di giudizio sono tre, alla luce di questa recente sentenza si presentano nuove opportunità per richiedere il rimborso delle imposte ordinariamente trattenute a coloro che pur avendo i requisiti previsti dalla norma suindicata non hanno potuto beneficiare del regime agevolato. Si pensi alle tante risposte negative da parte dell’Amministrazione finanziaria alle varie istanze di interpello presentate in relazione a tale fattispecie.

E’ altresì degna di nota anche la sentenza della C.T. Prov. Milano n. 4779 del 22 dicembre 2021 la quale ha concesso il rimborso delle imposte versate per intero dal dipendente che, pur essendo in possesso dei requisiti previsti per fruire del regime agevolato degli impatriati, non aveva presentato la relativa richiesta scritta al datore di lavoro e non lo aveva neanche evidenziato in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In tal caso, i giudici hanno ritenuto che il mancato esercizio dell’opzione da parte del lavoratore non abbia comportato la decadenza dal beneficio fiscale, stante che il dipendente ha provato di possedere tutti i requisiti di legge per beneficiare del regime.

Si pone in evidenza che nel caso analizzato il lavoratore dipendente rientrato in Italia può beneficiare del regime previsto per i lavoratori impatriati se è in possesso dei requisiti di legge stabiliti dall’art. 16 D. Lgs. n. 147/2015.

Già con la circolare n. 17/2017 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il dipendente che intende accedere al regime agevolato degli impatriati, deve necessariamente presentare una richiesta scritta al datore di lavoro per fruire dell’agevolazione direttamente in sede di effettuazione delle ritenute fiscali alla fonte, ovvero deve optare per l’applicazione di tale regime in sede di dichiarazione annuale dei redditi, indicando il reddito in misura ridotta.

Orbene, i giudici della Commissione Tributaria di Milano hanno ritenuto, invece, che il lavoratore che possieda tutti i requisiti di legge per godere di tale agevolazione abbia diritto ad essere ammesso a tale beneficio, indipendentemente dall’esercizio dell’opzione tramite richiesta scritta al datore di lavoro o in sede di dichiarazione dei redditi.

Il nostro team di Global Mobility è a disposizione per offrire supporto ai lavoratori dipendenti rientrati in Italia con riferimento alla consulenza in materia di regime impatriati ivi inclusa l’assistenza per la predisposizione di istanze di rimborso e ricorsi presso le competenti commissioni tributarie.