Duecento persone e 23 partners: così riparte Mazars Italia

Per la prima volta dopo il passaggio dei soci italiani a Bdo Italia, la società scopre le carte sul futuro. A MAG il partner responsabile per l’Italia Pascal Jauffret svela: «Il nostro obiettivo è ritornare al punto in cui eravamo prima dell’estate e raggiungere almeno i 50-60 milioni di euro di fatturato».
Intervista P. Jauffret Finance Community

A pochi giorni dall’uscita della quasi totalità dei soci italiani, passati a Bdo Italia lo scorso 23 luglio (si veda il box), in un comunicato ufficiale, Mazars annunciava che avrebbe “intrapreso tutte le azioni appropriate per assicurare la presenza operativa in Italia con effetto immediato”. Così è stato.

Dopo sette mesi, la società di consulenza e revisione francese, che in una notte d’estate si è ritrovata senza soci, senza clienti e senza sede in Italia, è ripartita a pieno ritmo ricreando un gruppo che oggi conta 200 persone, tra cui 23 partner, e «con un’offerta di servizi completa che va dal corporate finance al tax fino a, naturalmente, l’audit». A raccontarlo, in questa intervista a MAG, è il partner responsabile della nuova Mazars Italia Pascal Jauffret.

Quella che a prima vista poteva sembrare una disfatta, dunque, si è rivelata, per la società di revisione e consulenza, un’opportunità per riaffermarsi sul mercato italiano. E, stando alle intenzioni del gruppo nella Penisola, per crescere ancora: «Il nostro obiettivo – spiega Jauffret - è andare avanti, ritornare al punto in cui eravamo prima dell’estate, coinvolgendo sempre più clienti in diversi settori, dal banking al real estate, passando per le assicurazioni e raggiungere almeno i 50-60 milioni di euro di fatturato in Italia». Una partita difficile e ambiziosa. Ma che potrebbe essere agevolata dall’assist arrivato dal tribunale di Milano, che in un’ordinanza datata 15 febbraio ha sanzionato Bdo Italia imponendole il sequestro dei
documenti “riservati”, lo stop all’utilizzo del software di proprietà di Mazars e la comunicazione del diritto di recesso, per 3 mesi, a tutte le 1.100 imprese clienti (si veda l’articolo seguente). Un risultato che (seppure, al momento, provvisorio) ha lasciato soddisfatti i partner italiani, in particolare «perché ora il mercato e i clienti sono maggiormente informati su quanto è accaduto», sottolinea Jauffret.

Dott. Jauffret, il capitolo giudiziale è appena iniziato. Cosa vi aspettate nei prossimi mesi, a questo proposito?

Siamo abbastanza fiduciosi, soprattutto perché il sistema giudiziario italiano, avendo il vostro Paese molti brand da difendere, è molto efficiente quando si tratta di proprietà intellettuale, come nel nostro caso.

In questi sette mesi siete cresciuti in maniera vertiginosa ma vorrei fare un passo indietro. Mi dica, cosa è successo esattamente dopo quel giorno del 23 luglio, quando praticamente quasi tutta la compagine italiana è passata sotto il brand Bdo?

Ci siamo mobilitati subito, e come prima cosa il ceo in persona (Philippe Castagnac ndr) è andato dalla Consob per chiarire la situazione. Il nostro, come sa, è un settore molto regolamentato, e un chiarimento con l’organo regolatore era necessario. Successivamente ci siamo consultati con i partner e con lo staff, in particolare con coloro che volevano restare in Mazars.

Cosa vi siete detti?

Ci siamo chiesti cosa avremmo fatto per ricostruire il team italiano. Molti dei nostri dipendenti volevano tornare con noi. Siamo rimasti sorpresi dalla lealtà verso la società che molti ci hanno dimostrato. E lei? Il ceo mi ha chiamato la mattina del 25 luglio chiedendomi di venire qui a Milano e dare vita alla nuova Mazars Italia. Sono arrivato poco dopo. Ad agosto ero l’unico, oggi siamo 200 persone.

Come siete arrivati a questo risultato?

Abbiamo innanzitutto portato avanti un lavoro di recruitment piuttosto serrato e assunto molti giovani. Inoltre abbiamo parlato con i clienti con cui eravamo ancora in contatto e raggiunto degli accordi con alcuni professionisti che stavano sul mercato e che volevano entrare nel nostro network. Il tutto attraverso un’organizzazione integrata tra i vari team italiani e della capogruppo, ma soprattutto con tanta dedizione.

Cosa avete imparato da questa esperienza?

Molte cose, in particolare abbiamo preso coscienza della forza del nostro brand e della credibilità che nel tempo ci eravamo costruiti sul mercato. Una dote, la credibilità, che ci ha resi attrattivi per lo staff, per i professionisti e per gli stessi clienti. A proposito dei clienti, quanti vi hanno seguiti? Vorrei mantenere questa informazione confidenziale, però posso dire che sono stati molti e ora, dopo l’ordinanza del giudice del tribunale di Milano, ci aspettiamo che anche altri torneranno.

Come è stato il rapporto con loro durante la fase di ricostruzione della società in Italia?

Abbiamo contattato subito quelli con cui avevamo più rapporti. Molti però erano clienti dei partner che se ne sono andati e parlare con loro, in questo contesto, non è stato facile. Ora che la situazione è più chiara, dopo l’ordinanza del giudice, ci sentiamo legittimati a ristabilire dei rapporti. Prima eravamo preoccupati...

Perché?

Perché c’è stata molta disinformazione su questa faccenda. Ad esempio molti clienti credevano che Mazars non sarebbe più tornata in Italia. In realtà non era affatto così e adesso, con questa ordinanza, possiamo spiegare com’è andata e continuare per la nostra strada. Mazars è una società nata in Francia, i vostri clienti sono quindi aziende francesi operanti in Italia? È vero che Mazars ha origini francesi, ma non la definirei una società francese. Con il tempo è diventata un’organizzazione internazionale e così lo sono anche i nostri clienti in questo Paese. Certo, abbiamo molti clienti francesi importanti, ma sono circa il 25% del totale in Italia.

E la parte restante?

Stiamo lavorando per portare e accompagnare clienti che vengono principalmente dalla Germania e dalla Cina e che vogliono operare in Italia. In questi due Paesi abbiamo infatti concluso due importanti operazioni di m&a, in Germania lo scorso anno con la società di revisione e di consulenza Roever Broenner Susat, mentre in Cina, a gennaio 2016, con il gruppo ZhongShen ZhongHuan. Inoltre uno dei nostri obiettivi è avere una maggiore localizzazione operativa. Dei nostri 23 partner, 20 dei quali sono italiani, e con loro stiamo lavorando per presentare i nostri servizi a sempre più clienti potenziali di questo Paese.

Come intendete posizionarvi sul mercato?

Mazars ha sempre avuto un posizionamento importante in Italia e il nostro obiettivo è tornare a quel livello e a quella portata. I clienti ci chiedono di fare questo e anche piuttosto velocemente.

Tradotto in cifre?

Prima eravamo 400 persone e un giro d’affari di circa 41 milioni di euro. Oggi siamo in 200 e attività di circa 20 milioni. Il nostro obiettivo è arrivare a un giro d’affari di circa 50-60 milioni di euro nel minor tempo possibile.

Come intendete riuscirci?

Innanzitutto attraverso una crescita dell’organico, in funzione dell’aumento del numero di clienti che prevediamo, ma anche
attraverso acquisizioni di piccole realtà già presenti sul mercato che vogliono unirsi a noi.

State avendo già dei colloqui per possibili operazioni di m&a?

Si, con almeno tre realtà. Ma non posso dirle di più...

Quanto conta il mercato italiano per Mazars?

Pensare di essere un network forte in Europa senza essere presenti in Italia sarebbe assurdo. Questo Paese è importantissimo per tutto il continente e per noi, ecco perché abbiamo agito così velocemente.

Quanto è costato tutto questo processo di ricostruzione?

Non so dirle la cifra precisa, quello che so è che per ricostituire il nostro gruppo in Italia abbiamo messo a disposizione tutte le risorse e le energie che avevamo senza alcun limite. Chiaramente ci è costato molto, considerando anche le spese legali legate ai processi in corso, ma la cosa più importante era tornare a essere presenti e operativi sul mercato italiano. È quello che abbiamo fatto e che continueremo a fare.

Intervista pubblicata da financecommunity.it il giorno 08/03/2016 e riprodotta per gentile concessione dell'editore

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Intervista P. Jauffret Finance Community